Nasce l’associazione dei Produttori antichi mais friulani che aderisce a Slow Mays

Riporto due interessanti articoli del 2018 a completamento dell’intervista con Gianpaolo Chendi “Un mais bianco perla”.
 
 Dal Messaggero Veneto del 6 marzo 2018 – Rosso di Aquileia, socchievina, resiano, bianco perla friulano, pignoletto, dente di cavallo, cinquantino: sono alcune delle antiche cultivar di mais a libera impollinazione che un gruppo di “contadini custodi” del Friuli Venezia Giulia continua a produrre in regime di certificazione biologica.

In questi giorni una decina di agricoltori ha dato vita all’associazione “Produttori antichi mais friulani” con lo scopo di dare impulso alla valorizzazione delle vecchie varietà, che una recente ricerca del Dipartimento di Scienze agroalimentari dell’ateneo di Udine ha caratterizzato geneticamente.

Negli anni gli studi, svolti in convenzione con l’Agenzia per lo sviluppo rurale (Ersa) che raccoglie e conserva nella propria banca del germoplasma queste importanti sorgenti di agrobiodiversità, hanno dimostrato che sono varietà con valori nutritivi (proteine) molto più alti rispetto agli ibridi, con maggiore adattabilità al territorio e che sono in grado di produrre farine di più elevata qualità.

L’associazione, che ad oggi conta una decina di produttori ma che ha già acquisito molte richieste di adesione tra la cinquantina di aziende coltivatrici in Fvg, si è presentata oggi nella sede della Regione, alla presenza dell’assessore alle Risorse agricole, Cristiano Shaurli.

“La costituzione di questa rete – ha osservato Shaurli – è un’ottima notizia e la sua importanza, come spesso accade quando ci si occupa di tutela di varietà antiche, dovrà essere difesa da quei detrattori che si faranno avanti per farci notare che tutelare questo genere di agricoltura è ‘romantico’, squisitamente di ‘nicchia’, ma che i numeri e i fatturati stanno altrove: per una regione piccola come la nostra, invece, questa è una scelta strategica non solo per motivi di tutela storica e identitaria, ma anche dal punto di vista economico perché proprio a noi spetta, per essere competitivi, produrre ciò che altri non possono copiare”.

L’associazione, ha reso noto il suo presidente Gianpaolo Chendi, sarà aperta anche ai titolari di mulini, alle aziende come panifici, pastifici, birrifici, alle botteghe artigiane, alle cooperative e ai consorzi che utilizzano antichi mais friulani. L’invito a fare parte dell’associazione è rivolto anche ai ristoratori.

“Un percorso di valorizzazione condivisa tra tutta la filiera – ha commentato Shaurli – è molto lungimirante e ritengo particolarmente importante il coinvolgimento del mondo della ristorazione”.

A dimostrazione che questo è lo spirito dell’associazione è l’adesione annunciata oggi da Chendi alla rete nazionale Slow Mays, che fa capo a Slow Food e si prefigge di valorizzare le piccole comunità del cibo italiane che continuano a produrre mais tradizionali legati alla loro cultura alimentare. Così, dopo Lombardia e Piemonte, il Friuli Venezia Giulia sarà tra le prime regioni ad aderire al movimento. ARC/EP/ppd

Il 29/11/2018 è apparso sulla stampa quanto segue:

“Da alcuni mesi si è costituita l’Associazione Produttori Antichi Mais Friulani con sede presso il Mulino Cocconi a Gemona, sostenuta dall’Ecomuseo delle Acque del Gemonese, che ha svolto un ruolo fondamentale, in virtù del progetto di recupero del mais cinquantino finalizzato alla riproposizione della filiera del pan di sorc. L’associazione opera per la valorizzazione delle vecchie varietà di mais a libera impollinazione in regime di certificazione biologica, creando sinergie e condividendo saperi. Numerosi gli obiettivi che si propone di raggiungere, tra questi: avviare collaborazioni con l’Università di Udine e l’Ersa, anche per “caratterizzare” le varietà di mais tradizionali coltivati in Friuli; conservare in purezza queste varietà definendo specifici disciplinari di produzione e tutela; promuovere campagne informative.

È in fase di definizione un marchio di tutela/qualità che garantisca gli associati e dia un’immagine coordinata e riconoscibile ai loro prodotti. Tra le antiche cultivar che i “contadini custodi” continuano a coltivare ci sono il quarantino, il cinquantino, la socchievina, il resiano, il rosso di Aquileia, il pignoletto, il dente di cavallo, il bianco perla friulano, i nostrani carnici. Il prossimo fine settimana alcuni rappresentanti dell’Associazione Produttori Antichi Mais Friulani saranno a Bergamo per partecipare a un incontro di Slow Mays, rete nazionale di antichi mais promossa da Slow Food Italia, di cui l’associazione friulana fa parte.
Slow Mays si prefigge di valorizzare le piccole comunità del cibo italiane che continuano a produrre, non solo nelle aree marginali, mais tradizionali legati alla loro cultura alimentare. Mettere in rete queste esperienze, riconoscere il ruolo ecologico e il giusto valore anche economico a queste coltivazioni, costituisce l’azione primaria di tutela del territorio e della cultura agricola e risulta un efficace incentivo per riprendere a coltivare mais per l’alimentazione umana (…). La condivisione di buone pratiche e conoscenze, di risorse e progetti, di aspettative e visioni garantisce un futuro per l’agricoltura di piccola scala. L’apertura a nuovi soggetti e comunità è un valore fondante della rete. Condividere le esperienze volte al recupero e alla salvaguardia delle varietà ad impollinazione libera è un’azione concreta di tutela della biodiversità (…). Il fine è quello di tracciare un percorso di lavoro concreto e inclusivo per la produzione di un cibo quotidiano buono, pulito e giusto per tutti”.
 (dal Manifesto di Slow Mays)