L’abbazia e la rocca

Sempre dal lontano 2003 giunge questo itinerario tutto nel comune di Premariacco, che non ho voluto minimamente toccare nel suo stile di “racconto-diario”. Forse oggi lo scriverei diversamente.

Partenza: da Orsaria, frazione di Premariacco.

Caratteristiche: percorso ad anello di km 17 privo di qualunque difficoltà. Se il guado sotto Casali Selva non fosse praticabile, è consigliabile usare il ponte di Orsaria. Cartografia: carta Tabacco al 25.000 “Valli del Natisone”

Mercoledì 1 gennaio 2003, tempo splendido

Chi va a cavallo a Capodanno, va a  cavallo tutto l’anno. Convinti dell’efficacia di questo gesto propiziatorio, come ogni anno – dopo aver festeggiato la mezzanotte nella scuderia in compagnia dei nostri amati quattrozampe, terrorizzati dai botti che tanto piacciono agli umani – siamo in sella la mattina del primo gennaio e partiamo da casa nell’assoluto silenzio, alle 11 di una radiosa mattina invernale.  Raggiungiamo quindi la piazza di Orsaria, da cui parte il nostro itinerario.

Passiamo davanti alla grande chiesa sopraelevata(dedicata a S.Ulderico) e seguiamo la strada detta dei Ronchi, che sale sulla collina lungo il Natisone. Il grano che sta crescendo luccica al sole e trema quando soffia il vento, ma il sole è caldo. A Casali Selva prendiamo a sinistra. Passando davanti all’azienda agricola di Franco e Lucia Nadalutti ci sentiamo chiamare:”Ehi cavalieri dove andate? Volete bere un goccio per cominciare l’anno nuovo?” Così chiacchieriamo un po’ e apprendiamo che la grande casa, fatta costruire da Nicolò Soravito nel 1881, come ricorda la scritta sull’architrave di pietra, disponeva una volta di una barca per passare il Natisone al guado sottostante! Noi scendiamo e lo passiamo a cavallo, e guadagniamo i campi della sponda opposta. Oltrepassiamo la zona industriale, attraversiamo la provinciale Cividale-Manzano e stando su strade di terra battuta e capezzagne ci inoltriamo nei campi e tra i vigneti puntando all’evidente complesso quasi fortificato della Villa De Marchi, alta sopra di noi. (In bici si può arrivare comodamente da Oleis per strada asfaltata.)

Qui campeggia un grande cartello “Vigneti di Torre Rosazza”, di proprietà delle Assicurazioni Generali. Seguiamo la strada in salita e in pochi minuti arriviamo ai Casali Micheloni,  più noti con il ben meritato nome di “Poggiobello” (agriturismo), un casale fortificato costruito nel medioevo come “spedale” dai monaci dell’Abbazia di Rosazzo. A fianco la chiesetta di Sant’Egidio, patrono dei mendicanti e dei lebbrosi. Ammiriamo questo paesaggio così poco friulano, con i cipressi svettanti e gli ulivi.

Ancora un chilometro e siamo in vista dell’Abbazia, fondata nel 1080. Dell’originario complesso medievale non rimangono che le mura fortificate di nord ovest, che contrastano con la facciata sud tutta dipinta di bianco e l’ariosa terrazza pensile, ornata di statue, da cui si gode una vista meravigliosa. Tutto intorno, vigneti e vigneti a perdita d’occhio. Ma negli ultimi anni qualcosa di nuovo sta accadendo. Livio Zamò, un piccolo agricoltore che possiede un’azienda proprio ai piedi della “Badie”, ci racconta di come sia sempre più difficile far fronte alla concorrenza delle grandi aziende vinicole di proprietà di ricchi industriali, vinificatori per hobby, che possono permettersi di investire qui ingenti capitali, dal momento che ben altre sono le loro fonti di reddito principali. Ripresa la strada a ritroso, al primo trivio prendiamo a destra un ampio sentiero che si inoltra nel bosco di rovere, castagno e robinia che ricopre la collina, e che in circa trenta minuti sbuca ai piedi della Rocca Bernarda.

Questa villa cinquecentesca (1567), dall’aspetto turrito e fortificato, spicca con il suo colore rosso sbiadito sulla sommità della collina che digrada a balze. Ai quattro angoli torri circolari che non hanno funzioni difensive, ma solo ornamentali. Anche qui statue leggiadre fanno capolino tra gli alberi secolari: due grandi cipressi, della ragguardevole età di 420 anni, stanno a guardia dell’ingresso della dimora. La loro circonferenza è di 5 m  e sono considerati monumenti naturali. Guardando verso nord, altri cipressi più esili e flessuosi coronano la cima di collinette a tortiglione, e paiono pennelli pronti per ridipingere il mondo. Ormai sulla via del ritorno, nella luce del tramonto che diventa sempre più rosa, percorriamo tutta la strada del crinale e scendiamo a Ipplis, da dove in due km si raggiunge Leproso e  poi Orsaria, oltre il Natisone.