Un giardino da mangiare (con Giusi Foschia)

Ventun marzo, inizio della primavera, “dies violae” per i latini: quale occasione migliore per inaugurare un vivaio in una bella giornata di sole? L’erba verde luccica nella valletta riparata del torrente Zimòr, a Zomeais di Tarcento, dove ha sede l’azienda agricola molto speciale di Giusi Foschia. Si chiama “Il giardino commestibile”, e oggi riapre i suoi battenti dopo la pausa invernale. Sull’ingresso vasi di viole, di margherite e di calendule, all’interno centinaia di vasetti con tutti i possibili varietà di mente, di salvie, di erbe aromatiche e medicinali, locali o esotiche. Giusi ne coltiva infatti ben 240 specie diverse!

Sorriso aperto, volto solare, un nastro verde tra i capelli, Giusi si affaccenda tra il campo e la serra in attesa degli ospiti che ha invitato. Il medaglione a forma di fiore che porta al collo con i suoi smalti brillanti color giallo azzurro e verde sembra riflettere i colori che ci sono oggi tra cielo e terra. Potrebbe essere un monile elfico uscito direttamente dalle pagine del Signore degli anelli.

Alla fonte della natura

La prima volta che ho incontrato Giusi è stato nel 2006, nella più bella malga del Friuli, la Casera Fleons di Sotto, dove si era ritirata per un paio di mesi per studiare le erbe spontanee, come dice lei, “direttamente alla fonte della natura”. “Venite a trovarmi l’anno prossimo a Zomeais, mi aveva detto, sto per aprire un vivaio tutto mio”. E adesso eccoci qui, davanti a un sogno realizzato, a cercare di carpire a Giusi un po’ di storia della sua vita e dei segreti delle sue piante.

“Sono nata nel 1971 a Billerio – ci inizia a raccontare – ma ho vissuto a lungo all’estero, per poi tornare in Friuli, e adesso qui a Zomeais, il paese dei miei nonni paterni. Nel 1976, poco dopo il terremoto, la mia famiglia al completo, i genitori i fratelli e anche i nonni, si è trasferita in Venezuela, a San Felipe (sulla Transamericana), da uno zio che aveva una fazenda e coltivava frutti esotici, mango, papaya, banane. Così mi sono trovata catapultata in pochi mesi dalla distruzione del terremoto al mondo esuberante del Venezuela, dove ho vissuto per sette anni. E’ stata un’esperienza molto forte, la mia è stata un’infanzia libera, naturale. Nel mio ricordo noi ragazzi vivevamo liberi, quasi come selvaggi, arrampicandoci sugli alberi e godendo di quel mondo così diverso.”

La scintilla botanica

Ricostruita la casa a Billerio, tutta la famiglia è rientrata in Friuli e Giusi ha frequentato l’Istituto d’Arte Sello a Udine nella sezione art&design. Dal 1989 al 1991 ha studiato alla Kunstakademie di Monaco di Baviera, poi a Londra per altri tre anni in un college d’arte, facendo anche mille lavori per mantenersi. Ma se è stata molto influenzata dall’amore dei tedeschi per la natura, è a Londra che è iniziata la sua passione botanica. “Quella scintilla è nata studiando in profondità le passioni, la creatività e anche le stravaganti curiosità del popolo anglosassone. In un primo tempo ero affascinata ad esempio dai trainspotters e dagli airspotters, quei compunti signori inglesi che stanno ore ed ore a guardare i treni o gli aerei che passano.

Frequentavo anche la Royal Geographical Society, il Chelsea Flower Show, e i meravigliosi giardini botanici pubblici come Kew Gardens; ma là si possono visitare anche tantissimi giardini privati che aprono al pubblico in date prefissate, tutti ben elencati in appositi cataloghi scritti fitti fitti.” A questo punto Giusi mi mostra alcuni libri inglesi a cui tiene molto, e se li appoggia sul cuore sorridendo. Si tratta de “I cacciatori di piante”, di Tyler Whittle (ce l’ha in inglese e anche nella traduzione italiana, è uno degli introvabili volumi dell’Ornitorinco Rizzoli), “The seeds that changed the world” (“I semi che hanno cambiato il mondo”), e “I viaggi del Capitano Cook”. “Quello che mi piace degli inglesi – dice Giusi – è il loro approfondimento dei temi, che è molto scientifico ma anche molto appassionato. Là ho trovato molto “humus mentale” da cui attingere, ricercando ed esplorando le loro passioni ho trovato la mia!”

Fiori da mangiare

Tornata in Italia definitivamente nel 1995, accanto alla ricerca artistica e fotografica Giusi ha continuato a sviluppare la sua passione botanica, lavorando in serre, vivai e in erboristeria, e contemporaneamente studiando Progettazione di giardini alla Scuola Agraria del Parco di Monza e continuando a fare corsi a Londra. Nei suoi due terreni, uno in basso vicino al torrente Zimòr e uno più soleggiato a Coja, dove ha anche l’essiccatoio delle erbe, Giusi coltiva adesso non solo erbe aromatiche molto insolite e spesso introvabili, ma anche fiori decorativi e commestibili per la cucina e cocktails e piante esotiche. Questo ha incontrato il favore di cuochi famosi come Emanuele Scarello (del ristorante “Agli Amici” di Godia), che nel 2008 era uno degli chef del Festival del Cinema di Venezia e ha ordinato da Giusi tutta una serie di prodotti per la cucina dei VIP.

 

Giusi dice: “I fiori freschi li amavo fin da piccola, mi piaceva comporre mazzetti e ho sempre pensato che dalle cose belle nascono anche cose buone da mangiare! Tra i fiori amo la calendula e il nasturzio (e infatti il bellissimo bigliettino d’invito all’apertura è color calendula), l’acacia, il tiglio e la camomilla; mi piacciono da morire i petali del tarassaco e l’Ornithogalum umbellatum, detto “fiore di neve”. Ogni fiore è un simbolo dell’anima.”

Un ciclo consapevole

Ci sono anche misture di erbe spontanee primaverili dai nomi evocativi come “insalata rigenera”; fiori, piante per la cucina tradizionale e orientale, piante per attrarre farfalle e insetti benefici e piante tintorie come la reseda, il cardamo tintorio dal bel colore giallo arancione o l’Isatis tintoria, che è blu. E tra le piante spontanee non mancano il tarassaco, lo sclopit, l’achillea e l’aglio orsino.

 

Chiediamo a Giusi come è arrivata a realizzare la sua azienda agricola. “Molti mi chiedono come mi è venuta questa idea. In realtà io l’azienda ce l’avevo in testa fin dal 2002, quando ho fatto una mostra in castello a Udine intitolata proprio “Il giardino commestibile”, ma non sapevo in che chiave realizzarla. Volevo un lavoro vario, che mi permettesse di fare della mia vita un ciclo consapevole, concentrando in ogni stagione l’attività più adatta. A me interessava anche seguire i ritmi della natura e che quindi il mio lavoro potesse rappresentare e chiudere un ciclo: raccogliere i semi, seminare, in primavera coltivare, in autunno essiccare e trasformare.A monte c’è una visione cosmica della natura e sono convinta che le piante amino sentire che vicino a loro c’è un’anima.”

Piante curiose

Giusi ci mostra alcune piante curiose: la lattuga del minatore che ha la forma di un ombelico e cresce nelle crepe dei muri, l’erba fungo che ha gusto appunto di funghi, il pepe d’acqua, la pianta dell’immortalità, le mandorle di terra, la salvia da rasoio. E tra quelle esotiche ci sono la wasabia, (un cren verde giapponese), che cresce solo in corsi d’acqua incontaminati, la mertensia marittima, detta pianta delle ostriche, il tè delle Bahamas e tante altre.

Quali sono le piante a cui sei più legata? “La melissa, nella sua semplicità, i papaveri, i fiordalisi; mi piace molto la monarda con cui si può fare uno sciroppo,  e anche la menta delle Canarie, il lemongrass (Cymbopogon citratus); le ortiche e l’iperico sono una benedizione del cielo; la pianta dello zucchero,  che dolcifica 250 volte più dello zucchero e non ha controindicazione alcuna. E poi le mente  con cui faccio la mia miscela “Special-mente”: sono fantastiche, ne ho circa 10 varietà con i sapori più diversi, dallo zenzero all’arancia”.

Un lavoro con un’anima

Poi Giusi prosegue: “Per me la cosa più importante è la ricerca; da quando ho iniziato studio una quarantina di piante nuove all’anno, sempre con una accurata documentazione botanica, agronomica ed erboristica. Tutto quello che faccio è per passione, è il collegamento di tanti mondi apparentemente distanti, la natura, l’arte, le esperienze personali, le persone incontrate, il lavoro manuale. Ho lavorato tanto in serre e vivai, ma vendere e basta è una cosa sterile, che non mi interessa. In tutti questi anni ho sempre cercato di svolgere una ricerca interiore e personale, seguire una via dove ci sia un’anima.E l’anima del mio lavoro poi io la ritrovo anche nella parte didattica che per me è importantissima, e vedo che adesso trova tanto interesse nelle scuole.”

Giusi ha fatto un corso per fattorie didattiche con l’ERSA e propone un programma ricchissimo per le scuole, con una decina di temi diversi e assolutamente originali. Quello che le sta più a cuore si chiama “Gli esploratori di piante”: si tratta di un percorso per scoprire come mais, patate e cotone hanno cambiato la nostra civiltà. “Il lavoro con i bambini mi sta dando grandi soddisfazioni. Quando ho iniziato questo lavoro ho avuto molte difficoltà, ma io ho continuato. Basta crederci, insistere e non mollare. A forza di cercare, cercare, a un certo punto cominci anche a trovare.”

Aprile 2009 © Antonietta Spizzo per “IL NUOVO”