I lavadôrs di Buja

Riporto qui sotto un articolo pubblicato sul Nuovo nel lontano 2003, ripromettendomi di andare quanto prima a rifare questo itinerario…

 Partenza:  da Buja, borgo di San Floreano. Itinerario ad anello. Mezzo consigliato: in bicicletta Difficoltà: nessuna. Dislivello da superare: minimo.

Cartografia: carta Tabacco n. 020 al 25.000 “Prealpi del Gemonese”

La mia amica Gabriella di Buja mi propone un giro in bicicletta alla scoperta degli antichi lavatoi di Buja, testimonianza di un tempo non lontano in cui non esistevano le lavatrici e lavare e risciacquare i panni al fiume era un momento importante della vita sociale femminile.

Incontro a San Floreano, nella piazzetta: ecco, con il tetto sorretto da esili colonne, un lungo lavadôr che si affaccia sul Ledra. Colpisce la sua grandezza: nel vuoto e nel silenzio di oggi si fa fatica a  immaginare la ressa e le voci di allora. Alle nostre spalle inizia la via dei Mulini e di mulini ce ne sono ben due, a poca distanza l’uno dall’altro. La signora Luigia Calligaro Comini, ottantenne, gentilmente ci apre lo stanzone in cui ancor oggi suo fratello molinâr macina all’antica maniera e volentieri ci racconta storie del tempo andato.

Passato il rio Gelato ci dirigiamo alla misconosciuta frazione di Saletti, un nucleo antico di case sullo sfondo poco rassicurante della zona industriale di Osoppo. Non a caso proprio qui in una bacheca del comune leggiamo un annuncio  volto a   monitorare lo stato di salute della popolazione… Saletti ruota praticamente attorno alla casa Elti, magnificamente ristrutturata dopo il terremoto, e costituita da due corti rurali comunicanti tramite un sottoportico che si trova proprio sotto la casa padronale, sottolineata da due maestosi portali in pietra. Un signore ci invita a vedere il suo appartamento e ci mostra orgoglioso il “cjavedâl” costruito da lui stesso. Quasi dirimpetto a Saletti sta Tomba: vaghiamo per le stradine alla ricerca del  lavadôr superstite, una giovane donna in bici ci accompagna, dicendoci di ricordarsi lei stessa le donne che andavano lì a fare il bucato. Eccolo, un po’ a est del paese: è simile a quello di San Floreano, solo un po’ più piccolo.

Pedaliamo un po’ lungo il canale Ledra-Tagliamento, passiamo accanto all’antico battiferro di Tomba e seguendo le indicazioni di varie persone cortesi arriviamo al borgo di Andreuzza. Qui, accanto a una fabbrica-mastodonte, riposa inutilizzata nell’erba una vecchia ruota in ferro che alimentava la farie (officina del fabbro); poco oltre su via Cuelat (tabella) una stupenda casa rurale ristrutturata, con la corte acciottolata e il sottoportico ad archi. Alla nostra curiosità ammirata risponde ben volentieri una delle abitanti della casa. Sulla strada per Avilla ci imbattiamo in un altro  lavadôr, su un canale secondario, un po’ più malconcio degli altri e orfano della sua acqua. Avilla è ai piedi del monte e la strada va in salita. Oltrepassiamo l’orrida insegna della macelleria equina, saliamo a Santo Stefano e a Urbignacco e poi giù in discesa a Codesio: all’incrocio tra Strade Pedrade e via Palût (a proposito, i nomi delle vie di Buja permettono un fantastico viaggio nel tempo) se ne sta, ben ridipinto di bianco, il  lavadôr più originale, nella sua chiara ispirazione anni ’20. E’ una costruzione rettangolare, ariosa, con le aperture ornate da grate, una grande vasca centrale non ricoperta dal tetto; sul frontone ci sono tre slanciate torrette, una statuetta  della Madonna e l’immancabile fascio littorio. Se questo  lavadôr potesse parlare e raccontarci le sue mille storie…

Giriamo tutto attorno al colle Masanet e completiamo la nostra circumnavigazione di Buja: Borgo Brusat, il ponte sul Ledra, Case Rai, Campo Garzolino e poco prima di ripassare il Ledra ecco comparire alla nostra sinistra l’ultimo  lavadôr, abbandonato e malridotto, una pensilina senza apparente significato, che non avremmo notato se i nostri occhi non si fossero abituati a cercare questa particolare architettura. Accompagnate dal verde corso del fiume e dalle immaginarie voci di donne a lavare i panni diamo gli ultimi giri di pedale fino a San Floreano. (Sabato 22 marzo 2003)

Su internet: www.comune.buia.ud.it