Parte 5: Attraverso il Delta del Danubio

Mappa del Delta del Danubio

“Se non sai come arrivare al mare, dovresti prenderti un fiume come guida” (proverbio cinese letto a Krems)

Arrivati a Tulcea, il nostro viaggio a pedali è finito, ma una nuova parte comincia, dove come in un film di Wim Wenders utilizziamo tutti i mezzi di trasporto possibili. Infatti dobbiamo innanzitutto arrivare sul Mar Nero – cosa che si può fare solo per via d’acqua – e poi organizzare il ritorno a casa!
Tulcea è una vera e propria “porta d’ingresso” per il Delta del Danubio, un territorio vasto quasi quanto il Friuli, un labirinto di acque in gran parte ancora “selvatico” che da sempre ha dato riparo ai perseguitati, agli esiliati e ai ribelli.

Tanto per cominciare ci concediamo una giornata per visitare alcune zone remote del Delta. Ovidiu, il nostro “pilota-barcaiolo”, è un tipo allegro e buontempone che guida spavaldamente la barca, ci mostra angoli segreti del Delta e racconta storie e aneddoti in l’italiano, che conosce piuttosto bene perché ha lavorato per anni con la ditta Cimolai. Al mattino percorriamo lentamente un labirinto di laghi e di canali secondari, avendo come colonna sonora Leonard Cohen e Enja. Dopo un pranzo abbondante a base di pesce in un luogo sperduto, ci dirigiamo al canale principale, quello di Sulina e puntiamo verso il mare a tutta velocità.

Appena arriviamo sul mare aperto, Ovidiu manda a tutto volume la musica “Carnival de Paris”, seguita – incredibile ma vero – da vari Carmina Burana, ottenendo un effetto teatrale tutto sommato abbastanza adeguato alla solennità del momento.

Nella giungla acquatica del Delta

Durante l’escursione, che è durata tutto il giorno, siamo entrati davvero in un altro mondo, un ambiente unico in continuo mutamento, che non è più terra e non è ancora mare, è un labirinto fatto di bracci secondari del fiume, piccoli corsi d’acqua, laghi, banchi di sabbia, canneti e isole.


Le ninfee coprono la superficie di laghi e canali, le loro foglie sono così luccicanti da sembrare verniciate. Si vedono migliaia di uccelli: cormorani, pellicani, cicogne, aironi bianchi e cinerini, cigni, anatre selvatiche, martin pescatori e ogni tipo di trampoliere. Siamo così fortunati da avvistare anche due aquile dalla coda bianca.
I detriti portati dalla corrente del fiume formano continuamente nuove isole, chiudono passaggi e creano nuovi laghi. Salici e ontani si piegano sulla riva, penetrano con le loro radici nell’acqua creando un groviglio inestricabile.

Le passate glorie di Sulina

Il giorno seguente torniamo a Sulina, ma stavolta con il grande traghetto di linea “Banat”, che impiega circa 4 ore a percorrere gli ultimi 80 km fino al mare, attraccando in tutti i piccoli insediamenti che ci sono lungo le sponde: Partizani, Maliuc, Gorgova, Crisan.
E’ un viaggio bellissimo che completa quello del giorno precedente, con tutta la varia umanità locale che affolla la nave, mangia, beve, gioca a carte sul ponte sotto gli ombrelloni per ingannare il tempo.
Sulina ora è solo un paese sonnacchioso che tira avanti grazie a un po’ di turismo, ma fino al 1930 era un porto franco cosmopolita, in cui vivevano greci, rumeni, armeni, turchi, ebrei, russi e ucraini, ungheresi tedeschi e bulgari, gagauzi e lipovani, la cui lingua comune era il greco.

A Sulina ci dedichiamo – in totale relax – a fare i bagnanti, portando anche i nostri cavalli d’acciaio a farsi un giretto in spiaggia e a bagnarsi gli zoccoli, pardon le ruote, nelle onde del Mar Nero, che qui ha un (ingannevole) aspetto benevolo e innocuo, oltre a essere caldissimo! La spiaggia per noi ha un deciso sapore anni Sessanta…così potevano essere Lignano o Grado prima del boom edilizio, con le dune ricoperte di vegetazione.
Poco fuori dal paese si passa accanto al cimitero internazionale, un luogo di riflessione e di storia: ogni nazionalità ha una parte del cimitero a lei dedicata e diverse tradizioni funebri convivono una accanto all’altra.

Al cimitero di Sulina

Gli edifici di Sulina sono uno strano miscuglio architettonico, ognuno in uno stile diverso, dove i condomini si alternano alle chiese e alle casette a un solo piano. In fondo alla strada principale, che è anche il molo, c’è l’edificio neoclassico della Commissione Europea per il Danubio, creata nel 1856 con lo scopo di rendere agevolmente navigabile il fiume. Alle sue spalle sorge il faro vecchio di Sulina: costruito 150 anni fa sulla costa, oggi si trova nel bel mezzo della cittadina, perché ogni anno con i suoi sedimenti il Danubio si spinge avanti nel mare di parecchi metri.

Lungo ritorno a casa

Il ritorno a casa si avvicina: torniamo a Tulcea, stavolta con “Diana”, una nave più veloce (impiega solo due ore) ma pur sempre popolare. Una volta in città, ci procuriamo il materiale per imballare le nostre biciclette, 15 metri di plastica con le bollicine, chiamata in rumeno “folie astrobule”. Poi nel cortile dell’albergo smontiamo ruote, manubrio e pedali, impacchettiamo ben bene le bici, le cacciamo dentro a un enorme scatolone di cartone e le affidiamo – non senza preoccupazione per la loro integrità – a un corriere che, a caro prezzo, le farà arrivare in Italia. Questa costosa soluzione è dovuta al fatto che in Romania sui treni internazionali non è possibile portare le biciclette.
Abbiamo prenotato – tanto per non farci mancare niente! – addirittura un vagone letto da Bucarest a Budapest, e pazienza se non si chiama più “Orient Express”…
Si tratta innanzitutto di arrivare a Bucarest. Scartato il treno delle 5 del mattino, prendiamo una corriera “veloce” che per i primi 150 km ripercorre gli stessi saliscendi che avevamo affrontato in bici la settimana precedente.
Dopo una lunga attesa alla stazione di Bucarest prendiamo il treno notturno (lentissimo) per Budapest, dove arriviamo il 28 luglio alle 11.40, con ben tre ore di ritardo. Inutile dire che tutte le coincidenze migliori sono perse!

Alla stazione di Budapest troviamo (ironia della sorte!) un fiammante treno rosso che prevede il trasporto bici in ogni vagone. E’ un treno velocissimo e già alle 15 siamo alla stazione centrale di Vienna, ma il primo treno utile per Udine è solo quello notturno delle 22. Così non ci resta che prendere la metropolitana e ciondolare un po’ per il centro di Vienna, dove si scatena un bel temporale…non vedevamo la pioggia dal 30 giugno!
Il nostro treno notturno arriva a Udine alle sei del mattino e per fortuna già alle sette c’è una corriera che ci riporta a casa. Che soddisfazione bere un cappuccino e mangiarsi un cornetto alla stazione delle corriere di Udine, con 3200 km di bicicletta alle spalle!